O meglio, le posso concepire a coppie. In questo senso, per esempio, mi sembra superfluo evidenziare le possibili corrispondenze fra gangster e rappers, o fra mignotte e calciatori. Quelle le possono vedere anche i ciechi…
Invece, le connessioni fra gangsters e calciatori brasiliani, o fra le pornostars e i supereroi sembrerebbero più tenui, quasi inesistenti.
Sono sicuro che qualcuno, sforzandosi, può trovarne di sorprendenti, ma la maggior parte sarebbero sicuramente forzate (a parte Big Luciano Moggi come trait d’union fra gangsters e calciatori e Big Jenna Jameson come protagonista dei fumetti Virgin ad avvicinare porno e comics).
Ma divago, come al solito. Parlavo dell’elemento comune.
È ovvio. Come ho fatto a non pensarci prima? Hanno tutti bisogno dell’identità segreta e del nom de plume.
Pensateci bene, pornostars, calciatori brasiliani, wrestlers, supereroi, gansters e rappers, per avere una credibilità, devono TUTTI avere un nome d’arte.
È vero, ci sono nobilissime eccezioni, ma si tratta sempre di situazioni fuori dalla norma.
Moana Pozzi, Paulo Roberto Falcao, Bruno Sammartino, Guy Gardner, Al Capone e Keith Murray, per fare un esempio, sono certamente fra i migliori di sempre nel proprio campo, ma non è questo il punto.
Per avere una credibilità nei diversi campi in cui lavorano, pornostars, calciatori brasiliani, wrestlers, supereroi, gansters e rappers DEVONO avere un nome d’arte. Devono crearsi un personaggio.
E questa opera di cesello, nella creazione di una personalità pubblica, passa necessariamente per la scelta di un nome figo. Un’estetica che diventa etica, si potrebbe dire… Voglio dire, se un gangster si chiama Dutch Shultz, Lucky Luciano, Supreme o Big Meech, si sa già che è meglio lasciarli in pace. Antonio Solinas fa tutto un altro effetto…
In alcuni casi, come hip hop e porno (ma anche nel caso di molti calciatori brasiliani, vedi Zico/Galinho o Pelè/O’ Rey), il nome d’arte diventa addirittura multiplo. Servirà forse a compensare per tutti i Siffredi e Taddei e tutte le Lauryn Hill che non usano un nome d’arte?
È interessante notare come le categorie di persone in esame, spesso, attingano allo stesso immaginario (come non citare il rapper Saukrates e l’ex campione brasiliano Socrates, per esempio, oppure MF Doom e Doctor Doom, oppure Capone e Noreaga vs Al Capone e “faccia d’ananas” Noriega? E il gangster Supreme e il personaggio a fumetti Supreme della Image? E Barbarella pornostar rispetto a Barbarella fumetto?).
Altre volte, l’immaginario collettivo ha la meglio e le categorie si cannibalizzano a vicenda (esempi? Il portiere uruguayano “Superman” Serè, i rappers Beanie Siegel e Method Man/Johnny Blaze, fra gli altri, ma anche Hulk Hogan).
In altri casi, a volte si predilige una sorprendente linea di “ortodossia” autoreferenziale (le diverse incarnazioni di Rey Mysterio, tutti gli Stone e le Lynn del porno, i Julio Cesar brasiliani, le versioni Golden Age e moderne dei supereroi).
Sia quel che sia, senza il nome d’arte, il mondo di pornostars, calciatori brasiliani, wrestlers, supereroi, gansters e rappers sarebbe molto meno interessante.
In alcuni casi, i nomi da soli valgono un applauso, vedi l’attore porno Michael J. Cox…
Naturalmente è chiaro che ci sono altre categorie di persone che basano la propria esistenza sul nome di battaglia, ma di solito queste non mi interessano. Soprattutto se si tratta di magnaccia (per cui però posso fare un’eccezione, vedi Magic Don Juan e le sue Juanettes), travestiti, di lottatori di sumo o, peggio ancora (Dio ce ne scampi!) di fantini del Palio di Siena…