Domenica primo ottobre 1961. Sarebbe potuta essere una delle tante che un ragazzino di 15 anni passava in casa accanto alla radio in attesa di “ Tutto il calcio minuto per minuto” una nuova trasmissione che trasmetteva in diretta i secondi tempi delle partite (sì, avete letto bene: solo i secondi tempi). Le immagini sarebbero arrivate solo dieci anni dopo, con l’avvento di “Novantesimo Minuto”.
Ma quella domenica sarebbe stata diversa, perché il papà di un ragazzino della compagnia era riuscito a trovare quattro ridotti per il Derby di Milano. La notizia ci era arrivata il venerdì sera attraverso un giro di telefonate (giro abbastanza lungo per la difficoltà di trovare la linea libera, in quanto il 90% degli utenti aveva il “il duplex” cioé la linea condivisa con un altro nucleo familiare, altro che sms). L’eccitazione era quindi al massimo. Appuntamento davanti al bar per le 10. Si partiva alle 10 perché in un’oretta (abitavamo in zona Sempione) saremmo arrivati a San Siro. Tre milanisti e un interista molto benvoluto dalla compagnia - anche perché era suo padre in genere a trovare i biglietti - tutti rigorosamente con il sacchettino per la colazione, contente di solito un paio di panini col prosciutto avvolti nella carta oleata. L’acqua l’avremmo presa davanti al “Lido”, la piscina di Piazzale Lotto, al solito baracchino che vendeva bibite e gelati d’estate (con 10 lire avevi un cono gigante) e caldarroste d’inverno. Anche l’abbigliamento era sempre lo stesso: jeans rigorosamente risvoltati all’esterno, camicia o golfino, giubbino o soprabito, le scarpe rigorosamente classiche quasi sempre stringate. Già, perché allora le “scarpe da ginnastica“ servivano esclusivamente per fare ginnastica. Certo, d’estate magari avrebbe fatto un po’ ridere, secondo i canoni odierni, vedere uno con i pantaloni corti, le calze e le scarpe stringate , ma “Fantocci” (il primo nome di Fantozzi) sarebbe arrivato solo nel 1968. Nessuna maglietta, neanche taroccata, della squadra, perché erano rarissimi i tifosi con la maglia: gli adulti in genere andavano a San Siro come andavano in ufficio, con camicia e cravatta, anche perché il merchandising non era neanche stato pensato, all’epoca.
Di solito lungo la strada si pensava e discuteva della formazione più che del modulo di gioco. Le squadre giocavano con due terzini, un libero, due mediani, due ali, due mezze ali e un centravanti, (che oggi sarebbe stato un 1-4-4-1, o magari per i più esigenti un 1-2-2-4-1) e perlomeno in Italia rigorosamente a uomo. Ovviamente ci aspettavamo i soliti titolari inamovibili: Ghezzi, Maldini, Trapattoni, Radice, Rivera, Altafini per il Milan; Buffon, Bolchi, Bicicli, Guarneri, Hitchens,Mazzola, Suarez per l’Inter , ma non era tutto così scontato anche perché gli undici che sarebbero scesi in campo, poi, quelli sarebbero rimasti, perchè non si potevano fare sostituzioni (La Fifa iniziò a permettere due sostituzioni solo dai mondiali di Mexico ‘70), anche se le rose erano già’ di 27, 28 giocatori, solo suddivisi un po’ diversamente da oggi. In genere erano tre portieri, sei difensori, nove centrocampisti e otto/nove attaccanti, anche se fra questi erano comprese le ali. E se qualcuno si infortunava? Nessun problema: lo si metteva all’ala sinistra… Chissà per quale strano motivo.
Cammina, cammina si arrivava in piazzale Lotto, da li per viale Caprilli in 7/8 minuti saremmo stati allo stadio. C’era sempre un sacco di gente che arrivava a piedi o coi tram 59 o 24 (quello che oggi è il 16), che viaggiavano sempre con la porta posteriore aperta e la gente appesa fuori perché non è che ce ne fossero molti. Anche il traffico di automobili cominciava però ad essere abbastanza intenso, perché comunque eravamo in pieno “Boom Economico”. Devo dire che ci faceva sempre un certo effetto trovarci a tu per tu con San Siro, anche senza il terzo anello era davvero imponente con i suoi 85.000 posti .Qualche anno prima erano addirittura 100.000, poi avevano fatto l’impianto d’illuminazione e messo i seggiolini in tribuna centrale e la capienza si era abbassata. I tifosi cominciavano già ad arrivare anche se mancavano ancora circa tre ore all’inizio della partita: del resto, non avendo il posto assegnato chi prima arrivava si metteva nelle posizioni migliori. A volte, sgattaiolando in mezzo alla gente, invece che nei “popolari”, ci intrufolavamo nel “parterre”, uno spazio subito sotto la tribuna centrale dove si stava rigorosamente in piedi. Se eri fortunato, da lì potevi arrivare fino al muretto di sostegno della cancellata che recintava il campo, così non vedevi la partita ma vedevi bene i tuoi beniamini. Ma quella domenica non ci provammo nemmeno: il derby ci piaceva vederlo dall’alto.
Appena varcati i cancelli, correvamo come matti su per le rampe in mezzo ad altri cento ragazzini urlanti. Dopo aver cambiato almeno quattro o cinque volte il posto per scegliere la posizione migliore finalmente ci si sedeva, e si aprivano i sacchetti della colazione. Il tempo passava velocemente perché c’era anche lo spettacolo nello spettacolo. Proprio perché la gente arrivava con largo anticipo, quasi sempre c’era una partita tra i “pulcini“ delle due squadre, quindi in quel caso un derby nel derby. Poi come oggi c’era il sopralluogo dei giocatori, con la differenza che qualcuno entrava in campo con la sigaretta in bocca. I fotografi (non c’erano certo i teleobbiettivi di oggi ) si disponevano dietro le linee di fondo, ma il bello era che in certe azioni di gioco a volte entravano addirittura in campo per fotografare meglio.
E finalmente ecco i nostri eroi : nomi scanditi dall’altoparlante e scritti sul tabellone elettronico (inaugurato nel ‘ 57) ormai ci siamo, pensammo, ma quel giorno le sorprese non erano finite. Prima del calcio d’inizio ci fu un minuto di silenzio, non ricordo per quale motivo: lo stadio ammutolì e proprio nel momento clou una voce anonima gridò “arbitro serpente! “ . Avesse detto cornuto, venduto, ma serpente! Ovviamente noi ragazzini scoppiammo a ridere, non ce lo aspettavamo e fummo subito redarguiti dagli adulti attorno a noi che ovviamente ci zittirono. Se fosse successo oggi, immagino il coro di ma vaffa… Che si sarebbe levato. E finalmente il calcio d’inizio. Risultato finale: 3 a 1 per il Milan. 18° Pivatelli, 53° Greaves, 69° Suarez, 87° Conti.
Il tempo per il rientro passava in un lampo, soprattutto se si vinceva come quel giorno. Appena si arrivava in vista della nostra casa (allora la parola condominio non era molto usata) mi ricordo che dietro i vetri delle finestre che davano sulla strada si vedevano apparire e scomparire le varie mamme, che avendo calcolato il tempo del nostro ritorno controllavano se eravamo in arrivo (la vita senza cellulari non era poi male). Infine, soprattutto se la giornata era bella, prima di rientrare per la cena ci avanzava il tempo per una partita 2 contro 2 a “tombinella” : bastavano un tappino della coca e un tombino di quelli messi in verticale fra marciapiede e strada … Tanto quante macchine potevano passare in una via laterale in una domenica del 1961?
Considerando che non c’era la moviola, pochissime immagini, nessuna trasmissione televisiva a parte la domenica sportiva - ancora come notiziario senza presentatore e, soprattutto, senza Biscardi… Se il Forum del Bar dello Sport fosse già stato attivo… Di cosa avremmo parlato?? Mah!
4 commenti:
Spettacolo.
Anche se con questo pezzo il vecchio gufo fa capire molte cose...
Io ho capito che solo una volta il Milan poteva battere l'Incredibilinter, ora è impossibile anche solo pensarlo. T___T
P.S.
Ottimo pezzo, complimenti!
Non avrei mai immaginato che la gente andasse allo stadio in giacca e cravatta!
Voglio sapere chi è il vecchio gufo. PS: davvero un bel pezzo, di quelli che ti invogliano a scrivere di nuovo, ti riconciliano con il calcio, e ti distraggono un attimo dalla lettura di "pornoamatori".
Posta un commento